Un evento che resterà scolpito nel cuore e nella memoria di chi ha avuto la fortuna di potervi partecipare: questo è stato il Seminario di Approfondimento organizzato dall’Ais Bari e dedicato allo Chabis.
Svoltosi il 31 maggio presso l’Hotel Palace di Bari, l’evento è stato condotto da Armando Castagno, che della Borgogna e dei suoi vini ha fatto la sua principale ragione di studio e di approfondimento da ben 19 anni.
Tra i massimi esperti al mondo della nota regione vinicola francese, Armando Castagno è un volto noto ed amico dell’Ais Bari e del suo Delegato Cav. Raffale Massa, avendo già tenuto un seminario sui vini rossi della Borgogna: come allora, anche questa volta, il Dott. Castagno ha affascinato i numerosissimi partecipanti accorsi da tutta la Regione, con racconti, notizie tecniche, foto e ovviamente con la impareggiabile degustazione di ben otto vini.
Chablis è un vino e un territorio, anzi è un vino fedele testimone del suo territorio.
Proprio a Chablis, infatti, più che in altri luoghi, è possibile cogliere il vero significato del termine terroir, ovvero, come ha spiegato il Dott. Castagno “uno spazio geografico in cui una determinata uva in sinergia con l’ambiente trova il modo di esprimere qualcosa di originale che in nessun altro luogo potrebbe esprimere”.
L’uva qui è lo Chardonnay, vitigno precoce e capace di sopravvivere al clima freddo e alle gelate che caratterizzano la zona.
Lo spazio geografico, invece, ha una particolarissima e unica origine geologica, essendo costituito da un fondale marino arcaico, emerso in superficie dalle acque 16 milioni di anni fa.
Questo fondale di epoca Giurassica, originato dal compattamento sul fondale marino di gusci calcarei di ostriche, prende il nome di Calcare Kimmeridgiano, ed ha lasciato visibili tracce costituite da pietre, gesso, molluschi e conchiglie, tra le quali le radici si fanno strada per poi conferire alle uve e al vino caratteristiche uniche.
Lo Chablis è, dunque, un succo di pietra e fossili marini.
Chablis fa parte del Dipartimento della Borgogna ed i suoi Comuni più rappresentativi sono, oltre all’omonima cittadina di Chablis, anche St. Bris Le Vineux, più conosciuto per la vinificazione di Sauvognon Blanc.
Come in tutta la Borgogna la vite qui è arrivata ad opera dei Romani, ma fu la Chiesa, in particolare i Monaci di diversi ordine religiosi, che trasformarono la viticoltura in attività economica.
Qui la viticoltura è estrema a causa delle pendenze e soprattutto delle gelate che perdurano fio ad aprile; per consentire alla vite di sopravvivere al freddo, si utilizzano le “chaufferettes”, stufe che riscaldano i vigneti durante le notti più fredde, o anche dei fili elettrici che, posti alla base dei filari, si accendono quando la temperatura scende a – 4°.
Ebbene, il terreno, il clima e le caratteristiche proprie dello Chardonnay, conferiscono allo Chablis una impronta unica; tagliente, a volte scontroso, ma fresco e sapido, questo vino regala sensazioni marine, minerali, citrine, che lo assolutamente inconfondibile e adatto a lunghi invecchiamenti.
I vini di Chablis sono classificati, dal livello più basso a quello più alto, in: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru. I terreni composti prevalentemente dal Calcare Kimmeridgiano sono riservati alla produzione dei vini Chablis Premier Cru AOC e Chablis Grand Cru AOC, cioè le due categorie di vini che hanno reso famosa nel mondo la produzione enologica di quest’area.
Sono 40 i vigneti appartenenti alla denominazione Chablis Premier Cru, che in generale si possono suddividere tra quelli posti sulla riva destra del fiume Le Serein, più intensi e minerali, e quelli posti sulla riva sinista di detto fiume, più morbidi e profumati.
Da una collina posta a nord di Chablis, invece, provengono gli Chablis Grand Cru , e precisamente da 7 sette parcelle classificate nell’unico e solo Gran Cru.
Eccoli i “mitici sette” come definiti da Armando Castagno: Bougros, il più grasso e guascone; Les Preuses, salato e minerale; Vaudésir, di classe e di grande equilibrio; Grenouilles, ampio, ricco e speziato; Valmur, più tagliente, minerale ed agrumato; Les Clos, il più importante e longevo; Blanchot, il più delicato e sfumato.
Ebbene la degustazione ha riguardato tutte le suddette tipologie, ed in particolare otto vini personalmente scelti e degustati dal Dott. Castango.
A cominciare da Petit Chablis Les Alles Du Domaine 2017-Le Domaine D’Henri, il più semplice, ma non per questo meno piacevole, dal naso di pasticceria e frutta esotica e dalla struttura agile e piacevole; a seguire Chablis Faucertaine 2016 – Domaine Goisot, prodotto da uve Sauvignon Blanc a St. Bris le Vineux, perfetto connubio di freschezza e sapidità; quindi Chablis Le 7ème 2015 – Domaine Julien Brocard, degustato per la prima volta in Italia, dal naso schietto, in quanto prodotto senza aggiunta di solforosa, ampio con sentori di mele, grano, canfora, anice, limone e zenzero, note mentolate che ritornano al palato; e ancora Chablis 1er Cru Vaillons 2017 – Domaine Servin, dall’ampio naso minerale in uno a note di pan di spagna e pasticceria; a seguire Chablis Montèe de Tonnerre 1er Cru 2015 – Deux Montille Soeur-Frères , il più minerale tra tutti, poco frutto a tanta pietra focaia, gesso, un tocco di agrume e una delicata nota floreale; quindi Chablis Bougros Grand Cru 2016 –Bernard Defaix, proveniente dalla parcella più a Nord, è un vino largo e persistente che riempie il palato; ancora Chablis Grand Cru Les Preuses 2017 – Nathalie & Gilles Fèvre, in cui il frutto sembra scomparire a favore di note iodate e salmastre inconfondibili; infine Chablis Grand Cru Valmur 2017” Jean-Paul & Bernoit Droin, prodotto da uno dei più grandi vigneron della Borgogna, vino dalle note erbacee, ampio e profondo, destinato ad un lungo invecchiato per esprimersi al meglio.
Insomma, è stata una degustazione che ha certamente reso giustizia alla fama di Chablis, una di quelle che non capita tutti i giorni.
Maria Carmela Santoro
Sommelier Ais Bari