Il vino come una favola! E si tratta della favola più nota, più amata e più raccontata, ovvero quella di Pinocchio. Atmosfera fiabesca, dunque, per l’ultimo evento organizzato dalla Delegazione Ais di Bari il 26 febbraio u.s. dal titolo “La storia di Pinot”, nel quale la storia del Pinot si è intrecciata con quella di Pinocchio, attraverso sorprendenti ed inaspettati parallelismi. A condurre la apprezzatissima serata è stata la Sommelier Relatrice Teresa Garofalo, autentica fata turchina per dolcezza e per aspetto, la quale, alla consueta competenza ha aggiunto un pizzico di magia, rendendo il Pinot vivo e palpitante, così come fece Geppetto con il suo famoso pezzo di legno.
La Dott.ssa Garofalo ha documentato, attraverso una serie di immagini, che il burattino più famoso del mondo è stato spesso disegnato ed accostato a grappoli d’uva, vigne, botti e calici di vino. Ma “Pinot” e “Pinocchio” non hanno in comune soltanto un gioco di assonanza e suoni. In realtà il loro nome ha una comune radice rappresentata dal “pino” e dal suo frutto, la pigna. Se, infatti, il nome del vitigno deriva dal francese “pinot” ovvero piccola pigna -immagine evocata dal grappolo piccolo e chiuso appunto come una pigna- il nome del burattino di Collodi significa “pinolo” che della pigna è il frutto!
Ma non è tutto qui! A Bacco, Dio del vino, è cara la vite ma anche il pino, simbolo di fecondità; e il vino, condivide con il pino, la resina, che sgorga dal tronco dell’albero e dagli antichi romani viene utilizzata per aromatizzare e conservare il nettare di Bacco: vi è dunque una intima connessione tra il pino, comune radice di Pinot e Pinocchio, e il vino. Patriarca dei vitigni selvatici, del Pinot si hanno le prime tracce 2000 anni orsono in Borgogna, benchè le sue origini non siano ancora note.
Nelle prime fonti certe risalenti al XIII secolo, si parla del Pinot come di un “noiren”, ovvero di vitigno a bacca nera, ragione per cui il Pinot Nero viene considerato il capostipite della famiglia dei Pinot. Considerato tra i vitigni più nobili, il Pinot Nero è anche tra i più difficile capire, interpretare e degustare; è perciò un vino misterioso, che richiede tempo e pazienza per essere svelato. In questo suo modo di essere, nobile e terribile, il Pinot Nero è un vitigno esoterico, un vino per “iniziati” e ciò costituisce un’altra assonanza con la storia di Pinocchio, fiaba dai tanti significati, tra cui quello di contenuto massonico: Collodi era un iniziato e Pinocchio è simbolo di quello che non si vede, è un pezzo di legno che in realtà racchiude un uomo.
Ma, il Pinot nero è anche il vitigno della metamorfosi, esattamente come Pinocchio è il simbolo del mutamento, del burattino di legno che diviene bambino. E così, diffondendosi dalla Borgogna in tutto il mondo, il Pinot nero ha subito varie mutazioni genetiche dalle quali sono nati il Pinot grigio, il Pinot Bianco e il Pino Meunier, mentre dal suo incontro con il Gouais Blanc, vitingo di origine slava, pare sia nato lo Chardonnay. La relatrice ha quindi effettuato una descrizione di queste mutazioni.
Il pinot Grigio, prima mutazione del Pinot Nero, dal grappolo di colore grigiastro, esprime l’eccellenza in Alsazia, mentre in Italia viene allevato in Veneto, Friuli e Alto Adige, vinificato in bianco, oppure a contatto con la bucce assumendo in questo caso il suo tipico colore ramato. Il pinot bianco, a sua volta mutazione del pinot grigio, è un vitingo “operaio”, soppiantato dallo chardonnay; solo di recente ha acquisisto la sua autonomia, diffondendosi dalla Germania in Italia, in particolare nel Friuli, Trentino, Alto Adige e Lombardia, e quindi oltreoceano, in negli Stati Uniti e in Australia.
Misterioso e meno diffuso, il Pinot Meunier è presente quasi esclusivamente in Franciaove è presente nel metodo champenoise: rappresenta una “speciale” mutazione del Pinot Nero, non essendo ancora noto se abbia avuto origine dal Pinot Nero, o, al contrario, come alcuni sostengono, abbia esso dato origine al Pinot Nero attraverso l’incrocio con il Traminer. Terminata la parte teorica, è poi seguita la degustazione dei vari Pinot.
Il primo ad essere servito è stato uno champagne, che dei vari Pinot è l’apoteosi, ovvero lo “Champagne brut Bertrand-Delespierre”, apprezzato per il suo colore cristallino giallo dorato, il suo naso di mela cotogna e la sua piacevole freschezza. A rappresentare il Pinot bianco è stato il “Pinot bianco Valle Isarco Eisacktaler Kellerei” allevato in Alto Adige nella rinomata Valle Isarco, prodotto in purezza, dal colore verdolino, il naso di mela verde e fiori, secco e piacevole al palato.
E’ stata poi la volta del “Pinot grigio della Fondazione Villa Russiz” : prodotto anch’esso in purezza, rimane sulle feccia per otto mesi, regalando sentori di frutti bianchi maturi, note minerali e una spiccata sapidità. A seguire tre esempi di diversa provenienza di Pinot Nero. Il “Pinot Nero Oltrepó Pavese “Costa del Nero” Cantina Conte Vistarino” annata 2012, ancora giovanissimo, di colore rubino poco trasperente, ha regalato al naso i caratteristici sentori di lampone, mora e prugna, con al palato un impatto fresco e pulito.
Dall’ Oltrepò Pavese si è poi passati all’Alto Adige con la Cantina Terlan e il suo “Pinot Nero Montigl Riserva”: di colore granato e trasparente, questo Pinot ha colpito per le sue note balsamiche e vegetali di resina fresca, pino, carubba e castagne, mentre al palato è apparso equilibrato ed elegante. Infine, dal cuore della Borgogna e precisamente dal domaine Arnoux-Lachaux, il “Bourgogne Pinot Fin” ha concluso la serata inebrinando il palato dei presenti con i frutti rossi maturi, i sentori tostati, la liquirizia e il cioccolato, la elegante morbidezza al palato. E terminata la degustazione, tutti i partecipanti, entusiasti per la magica serata, come in ogni fiaba che si rispetti “vissero tutti felici e contenti”.
Maria Carmela Santoro