Nell’elegante cornice del San Tommaso Ricevimenti & Hotel di Polignano a Mare (BA), la serata del 29 Marzo scorso è stata teatro di un singolare incontro fra due territori, distanti geograficamente, ma accomunati da sincera amicizia.
Il Delegato dell’AIS Murgia, Vincenzo Carrasso ha organizzato un simbolico viaggio in Valle d’Aosta, attraverso il racconto appassionato di Nicola Abbrescia ed Alberto Levi, rispettivamente Delegato e docente dell’AIS Valle d’Aosta, che hanno condotto la degustazione di ben 12 vini, espressione del migliore patrimonio ampelografico della Vallée, sotto l’egida del Dr. Giuseppe Baldassarre, Consigliere Nazionale dell’AIS e componente della Giunta Esecutiva Nazionale.
Angolo d’Italia che profuma di Francia, la Valle d’Aosta è una terra accogliente e di gusto, che può regalare l’emozione di una discesa a perdifiato sugli sci o la sorpresa di una sosta rigenerante in un rifugio alpino, la poesia di chiese, crocifissi lignei e castelli incantati, da fiaba.
Di fronte alla grandezza delle Alpi, le viti resistono alla rigidità del clima su piccoli terrazzamenti, sorretti da muri a secco, grazie all’eroico sacrificio degli uomini della Vallée: è una sfida tenace per dare nuovo significato alla montagna, dimostrando che sa essere generosa anche nel nettare che regala.
La rinascita dei vini di questa regione coincide con la fondazione dell’Institute Agricole Régional, promosso dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta e dalla Casa Ospitaliera del Gran San Bernardo, retto per quasi trent’anni dal canonico Vaudan, che, proseguendo nella tradizione monastica che ebbe in San Benedetto il suo apice, aveva intuito una nuova missione: la rinascita dell’economia agricola di montagna.
Fra Villeneuve e Saint Pierre, su dirupi alle porte del Gran Paradiso, Renato Anselmet ed il figlio Giorgio, hanno avuto il coraggio di lasciare il loro impiego per dedicarsi, con la Maison Anselmet, alla produzione di vini “eroici”, quali il Brut Nature Metodo Classico VSQ Perlabruna “Chemin” (50% chardonnay e 50% prié blanc), con macerazione a freddo, affinamento in acciaio (80 %) ed in barrique francesi (20 %) e letargo di 36 mesi in bottiglia sui lieviti. Di un dorato sfavillante, all’esame olfattivo predomina un’intensa mineralità, quasi pietrosa e salata, appannaggio del prié blanc, con un susseguirsi di fragranze di pane caldo, di dolci lievitati, di agrumi e di fiori di campo. L’assaggio è voluminoso, persistente, con una struttura degna di accompagnare tutto il pasto; la componente acida è molto reattiva, con un’alcolicità importante (13,50 % vol.): un metodo classico atipico, la cui cifra stilistica è data da una strepitosa cremosità che contiene, in un riuscito connubio, la fresca sapidità.
Il secondo assaggio è stato dedicato ad un vitigno dei ghiacciai, coltivato eroicamente a “pergola bassa” alle pendici del Monte Bianco, ad un’altitudine che oscilla fra i 1000 ed i 1200 metri, sopravvissuto nella sua origine immacolata, a piede franco e mai contagiato dalla fillossera. Mario Vevey, titolare della Maison Albert Vevey, produce poche migliaia di preziose bottiglie del Vallée d’Aoste DOP Blanc de Morgex et de La Salle 2018, con raccolta manuale ed affinamento in vetroresina per 5 mesi prima dell’imbottigliamento. Il colore splende di toni paglierini carichi, lucente come il ghiaccio; al naso è sottile ed evoca ricordi di fiori (rosa bianca, biancospino), di mela verde e di erbe aromatiche di montagna, con una nuance di cipria ed una mineralità iodata ed a dir poco balsamica. Al gusto è fresco, dall’avvolgente cremosità; spicca una stuzzicante sapidità, quasi marina, con il cedro a predominare sul finale.
La degustazione è proseguita con il Vallée d’Aoste DOP Petite Arvine Fleur 2017, prodotto dall’azienda Les Cretes con un’accurata raccolta manuale, seguita da fermentazione in acciaio ed affinamento “sur lies” per 9 mesi sotto la supervisione del fondatore, Costantino Charrere, vignaiolo di Aymavilles, fulgido esempio della tenacia di un uomo di montagna che sa quello che vuole.
Brillante come una pietra preziosa dal colore paglierino, il vino carezza l’olfatto con un ampio ventaglio di profumi inizialmente fruttati, che vanno dall’ananas, al litchi ed alla pesca bianca, seguiti da note vegetali e di grafite, che diventano speziate nel finale. In bocca la gradevole freschezza è rincorsa, in un ritmato equilibrio, da una spiccata sapidità, sfumando, nel finale in un ricordo di frutta matura, quasi essiccata.
Elio Ottin cura, insieme al figlio Nicolas, circa 8 ettari vitati nella zona di Aosta, in un territorio calcareo caratterizzato da un microclima siccitoso, con inverni rigidi ad altitudini poste fra i 650 ed i 750 metri di quota, che donano al vino una grande personalità. Uno dei fiori all’occhiello della sua azienda è il Vallée d’Aoste DOP Petite Arvine 2017, vinificato in vasche d’acciaio per 7 mesi, con permanenza sui lieviti per altri 7 mesi, dall’omonimo vitigno di origine svizzera, introdotto negli anni ’70 dal mitico canonico Vaudan. Giallo paglierino vivo e brillante, al naso effonde intensi profumi di frutta tropicale (ananas, mango), agrumi, con uno sbuffo di calendula, virando, poi, verso cenni di erbe aromatiche, salvia, timo limonato, con una leggera e dolce speziatura di zenzero. In bocca è fine, armonico e spicca per la sua balsamicità, quasi di eucaliptolo, oltre che per mineralità ed acidità in vibrante tensione con la struttura; nel finale il vino regala un’eccellente persistenza, impreziosita da note agrumate di lime e pompelmo.
Il Vallée d’Aoste DOP Cornalin 2017 della cantina Rosset Terroir di Quart affronta una macerazione prefermentativa a freddo, con temperatura controllata, seguita da una fermentazione in acciaio con inoculo di lieviti e da un affinamento in anfora.
Rosso rubino, luminoso e vivace, di non comune eleganza e di trama fittissima, regala al naso nette percezioni di frutti di bosco, melograno, ciliegia e confettura di more, alternando, a distanza, sfumature di viola, rosa e cenni ematici, di sottobosco, cuoio pino mugo, liquirizia. Al palato è pieno, intenso, ma con un agile sorso curiosamente agrumato; i tannini sono vigorosi, ma ben amalgamati da un’avvolgente morbidezza, per concludere su ricordi di frutti rossi, in un persistente finale fresco e sapido.
Per l’esposizione a Sud, l’asprezza del terreno e la scarsità d’acqua, la zona di Arvier è soggetta ad elevate temperature, facendole meritare l’appellazione di Enfer, ossia inferno: tuttavia, queste caratteristiche ne hanno fatto, da secoli, il luogo prediletto per la coltivazione della vigna.
Il Vallée d’Aoste DOC Enfer d’Arvier 2017 di Danilo Thomain (90% Petit Rouge, 10 % pinot nero, gamay e gamaret) affronta una fermentazione in tini di vetroresina e viene posto in botti per subire la malolattica ed esservi affinato per almeno 9 mesi. La vivace etichetta, che raffigura un demone che brandisce il tridente stringendo una bottiglia, esalta questo liquido dal vello rubino intenso, con un singolare bouquet di viola e di frutti rossi (ribes, lampone, mirtillo, ciliegia candita) arricchito da sentori boisé, di sottobosco, aghi di pino e chiodo di garofano. Al palato regala una bevibilità quasi borgognona, fresca, declinata in leggerezza, con una cremosa tensione acida a cui fa da contrappunto un tannino appena accennato.
Il Vallée d’Aoste DOP Torrette Supérieur 2017 è il risultato della vendemmia del petit rouge effettuata dal giovane Pellissier, grande appassionato e maestro di sci: abbiamo avuto il privilegio di degustarlo in anteprima, prima dell’uscita sul mercato. Dalla veste purpurea, quasi cardinalizia, al naso evoca gradevoli profumi di viola e di rosa, con note di ciliegia, amarena, mirtillo ed una conclusione all’insegna di chiodi di garofano e tabacco da pipa.
Bocca dinamica, in continua evoluzione; al sorso evidenzia una buona struttura, dai tannini ben integrati e di buona qualità, vivificati da un finale di frutti rossi e da un fresco e persistente retrogusto sapido.
Il Vallèe d’Aoste DOC Nebbiolo Dessus 2016 dell’azienda Piantagrossa viene fermentato in acciaio, matura per 12 mesi in tonneaux di rovere francese ed austriaco ed è affinato per altri 6 mesi in bottiglia; l’azienda mutua il proprio nome da un albero di ippocastano secolare posto nel cortile della cascina, giunto ad essere il più vecchio d’Italia con i suoi 396 anni.
Rosso rubino intenso e dalla vivida luminosità. Svela toni floreali di violetta, geranio e genziana, arricchiti da persistenti percezioni di ribes, visciole, fragoline di bosco fino ad una conclusione di arancia sanguinella, china calissaia e di spezie (pepe bianco). Esordisce in bocca con una delicata trama tannica; la vivacità di un sorso scalpitante, quasi ematico, è la promessa di una lunga gioventù, arricchita armonicamente da una calda morbidezza e da un’intrigante sapidità.
Il Vallée d’Aoste DOP Pinot Noir 2016 – Ottin, riposa in botti da 30 e 20 ettolitri per 10 mesi, sostando sui lieviti per almeno 8 mesi, prima dell’affinamento in bottiglia per ulteriori 4 mesi.
Di un colore rubino dalla bella lucentezza, si presenta all’olfatto in maniera esplosiva con note di rosa e lavanda, seguite da un’armonica sinfonia di marasca e di fragoline di bosco che chiude in toni muschiati, di cuoio, sottobosco, funghi, incenso e con una dolce speziatura.
Una fresca vivacità caratterizza il sorso, reso piacevolmente accattivante da una straordinaria sapidità; vino caldo ed elegante, dalla raffinata struttura, ricco di tannini intensi ed avvolgenti che instradano versa un lunghissimo ed armonico finale di frutta rossa.
Il Vallée d’Aoste DOC Vuillermin 2017 dell’azienda Feudo San Maurizio, riposa 12 mesi per un 50 % in tonneaux e per il restante 50 % in barriques, trascorrente alcuni mesi in bottiglia prima di essere immesso sul mercato.
Rubino vivace con accenni violacei, ha un incipit di cuoio, sottobosco, funghi, muschio e terra umida, su cui affiorano sentori di rosa, viola, ribes e more, avvolti da un’intensa speziatura di chiodi di garofano e pepe rosa, per un finale ematico e balsamico di pino mugo.
Vino dalla grande facilità di beva; al palato le equilibrate impressioni di freschezza e sapidità creano un equilibrio sinergico con una trama tannica composta e ben integrata, con suggestioni di frutti di bosco, caffè e tabacco da pipa aromatizzato alla marasca che ritornano nel finale.
Il Vallée d’Aoste DOP L’Ainé 2016, prodotto ad Aymavilles, all’imbocco della Val di Cogne, dal giovane viticoltore Didier Gerbelle, che, diplomatosi alla scuola enologica di Alba, si è preso cura dei vigneti dei nonni, in un’incessante attività di ricerca e di sperimentazione per riscoprire e valorizzare gli storici vitigni della Vallée. Prodotto dall’autoctono neret (o neyret), effettua una macerazione sulle bucce per 10/12 giorni in anfore dette “clivers”, maturando 24 mesi per l’80 % in anfora e per il 20 % in tonneaux da 500 litri; dal colore rubino quasi brillante, al naso si presenta con sentori di rosa, peonia, lamponi ed amarena, frutta candita, arricchiti da cenni speziati (pepe, cannella, anice stellato, vaniglia) e sentori rinfrescanti di zenzero ed agrumi. Dal palato elegante ed aristocratico e dalla sorprendente personalità: ideale con la carbonade valdostana.
Il volto goloso della Valle d’Aosta l’abbiamo scoperto anche attraverso l’assaggio di alcuni prodotti tipici, quali la fontina di alpeggio, la salsiccia di bovino con aromi e lardo e quella con rape rosse, patate, lardo ed aromi.
In un riuscito matrimonio fra Nord e Sud lo chef della Residenza San Tommaso ha deliziato i palati dei commensali con un risotto alla crema di cavolo, mantecato al formaggio toma con fragrante di capocollo di Martina Franca DOP in ragù di capriolo e cialda di polenta croccante.
“Dulcis in fundo” uno straordinario “Montblanc” fondente (crema di castagne, cremoso al cioccolato fondente con riduzione di Aleatico dolce passito e confit di lampone, crema di latte e crumble di meringa) è stato abbinato al Valle d’Aosta Pierrots, vino da uve stramature della cantina Feudo San Maurizio. Questo nettare nasce nel 2003 quando, per una serie di vicissitudini personali, Michel Vallet lascia le uve di Petit Rouge e di Fumin sulla pianta per più tempo del previsto e le vendemmia molto tardi, quando ormai i “pierrots”, piccoli uccellini che si nutrono di chicchi d’uva, stanno prendendo possesso dei grappoli; le vinifica e le affina in botti di legno antico per circa un anno. Rosso rubino intenso, nel bicchiere è consistente, con una rotazione così lenta che permangono lunghe scie sul bordo. All’olfatto colpisce per la forte intensità delle note speziate e da un ricordo di marasca, amarena, more sotto spirito ed erbe aromatiche; nell’ingresso in bocca emerge una morbida nota pseudocalorica, equilibrata da una fresca salinità e da una trama tannica ancora ben presente. Dal residuo zuccherino importante e dalla struttura possente (15 % Vol.), il vino chiude lasciando in bocca sentori fruttati molto decisi e persistenti.
Chicca finale l’Elixir Genepy Centenario OTTOZ, risultato dell’infusione di génépy, affinato in acciaio (38 % vol.).
I vini degustati sono prodotti rari, frutto del lavoro di uomini che sanno anche andare controcorrente, facendo parlare i territori più del numero di bottiglie immesse sul mercato; nascono da una comunità, da un clima, da un terreno, da una storia, da una qualità, insomma, da un “terroir”: bisogna ripartire dalla ricchezza, dalla storia e dalla dignità di questi uomini e di questi territori per far comprendere appieno il significato della civiltà del vino.
L’imperatore Adriano diceva: “Il vero luogo natio è quello in cui l’uomo pone lo sguardo per la prima volta su se’ stesso”.
Giuseppe Bianco – Sommelier
Ufficio Stampa
AIS Murgia