Sapiente “aedo”è stato il Dr. Giuseppe Baldassarre, Consigliere Nazionale dell’AIS e componente della Giunta Esecutiva Nazionale, che ha ricordato la predilezione del “Puer Apuliae”Federico II di Svevia proprio per il greco ed il fiano, splendidi protagonisti della sua narrazione, che ha accompagnato, quasi da novello Pigmalione, la descrizione tecnica della Dr.ssa Fiorella Paradiso, giovane enologa dell’azienda Botromagno, la cui leggiadra mano in cantina ha già portato notevoli riconoscimenti a livello nazionale.
Un sapore od un profumo evocano ricordi del passato, come la celebre “madeleine” al Proust de “Alla ricerca del tempo perduto”.
Più prosaicamente il mio primo incontro con il vino è legato alla Fiera di San Giorgio ed alle parole lente e sagge di un vecchio contadino, amico dei miei nonni, che mi raccontava che Gravina si chiama così “perché ci sono il grano ed il vino nel suo nome”: tagliava pane e salame, stappando un numero infinito di bottiglie nel tentativo di assaggiare qualche bicchiere di un nettare verdolino e quasi dolce, che esplodeva nella sua briosa e vulcanica irruenza insieme al tappo.
Quei primi assaggi, quasi clandestini, mi svelarono il culto dionisiaco del vino, che da adulto continuo ad esplorare con umile passione; raramente avevo provato, prima, qualcosa di simile: il naso e la mente assaporavano un nettare che era un distillato di amore, dedizione e cura contadina.
“Botros”per i Greci era nient’altro che il canyon, per cui il toponimo – per dirla come ne “Il Signore degli Anelli”di Tolkien- può essere tradotto con “Gran Burrone”, che è come dire gravina: l’azienda BOTROMAGNO è, perciò, l’essenza stessa di Gravina, in un amalgama perfetto fra vini dall’anima contadina per l’adesione alla “voce” della terra murgiana e vini poetici per autenticità, slancio ed ispirazione.
Percorrere le Murge è come camminare su un fondale emerso dal mare, come una schiena di testuggine, nato nella notte dei tempi dall’incontro fra l’Eurasia e l’Africa: basamento calcareo, “nudo come mamma l’ha fatto”, che ritroviamo nel grigio dei muretti a secco e dei trulli disseminati nella nostra“meseta”.
Questa singolare e marina mineralità, di salmastro e di iodio, l’abbiamo ritrovata tutta nei vini bianchi in rassegna, insieme ad un carattere a volte secco, quasi desertico nella sua elegante asciuttezza, a volte esuberante nella prepotente e vivace carica zuccherina.
Il primo vino in degustazione è stato il“Verdeca di Gravina” SA VSQ (Vino Spumante di Qualità). Dal colore verdolino, con accenni paglierini, colpisce per la scintillante luminosità dei riflessi; si presenta con un naso delicato, fresco ed invitante: sentori di mela, pera ed erbette aromatiche si fondono con una spiccata mineralità ed una delicata traccia di fiori bianchi. Delicato nello svelare la sua trama di sapore, con una giusta e briosa effervescenza ammantata da una nitida e gradevole freschezza, in un gioco di leggerezza ed eleganza ravvivato da un guizzo sapido e da un rinfrescante finale agrumato di cedro e di frutta a polpa bianca che ne prolungano il piacere di beva.
Il “Gravina”, Gravina Bianco DOP 2018, uvaggio di Greco (60 %) e Malvasia (40 %), esibisce uno scintillante colore paglierino che vira verso nuance verdoline, con un’acidità che si percepisce sin quasi allo sguardo! Approccio olfattivo di grande finezza e discrezione: spiccata florealità, arricchita da note agrumate, di frutta matura (albicocca, mela cotogna, pesca), con un accenno di anice in sottofondo.La bocca è piena, energica, quasi rocciosa nella sua sapida mineralità, ma, al contempo, molto reattiva, giocata sulla freschezza, con una veemenza acida che segna l’assaggio e si distende in lunghezza, in una singolare scia fruttata che accompagna il finale.
Dal manto paglierino con guizzi dorati nell’orlo, il “Fiano B.D.”, Fiano Murgia Bianco IGP 2018solletica l’olfatto con piacevoli profumi di cedro ed anice, sostenuti da una disinvolta e primaverile freschezza floreale e da un caldo soffio tostato di nocciola, quasi a presagire un accenno di idrocarburi. Intenso al palato e di bella forza; un assaggio appagante, in cui l’intensa carica acido-sapida bilancia la densità del sorso, quasi di frutta in gelatina. Vino di bella personalità, saporito e tonificante che regala un piacevole gusto agrumato nel finale, che scivola verso un’infinita e marcata persistenza: da gustare splendidamente anche con carni bianche.
L’etichetta “Effe”, Greco Murgia Bianco IGP 2018, dedicata al fondatore, Franco D’Agostino, è frutto di una vinificazione in purezza del biotipo Greco Macolino, allevato a 600 metri s.l.m.; porta in dote un vivido colore paglierino con un leggero cenno dorato, sorretti da una grande luce. Il ricco corredo di profumi ci restituisce la sua solare anima mediterranea, fatta di fiori di campo e di sambuco, di erbe aromatiche, in un rincorrersi di rosmarino ed anice, arricchita di note di pesca gialla e cera d’api. Bocca fresca, di gradevole e polposa succosità e dal sorso che occupa l’intero cavo orale; una piacevole sapidità prolunga e rinfresca la beva in un lunghissimo e dinamico finale fruttato che esalta la travolgente personalità di questo nettare.
È seguita una mini-verticale del cru“Poggio al Bosco”, Gravina Bianco DOP.
La prima annata è stata quella 2017, blend di Greco Mascolino, Greco e Malvasia che viene sottoposto a fermentazione e ad affinamento in acciaio, restando a contatto con i lieviti per 4/5 mesi per arricchirsi in struttura. Colpisce per una cromaticità che vira in un dorato di meravigliosa brillantezza. Naso affascinante, ritratto di finezza, con deliziose note floreali di ginestra e tiglio, di frutta (albicocca, pesca, mela cotogna matura), ammantate da una singolare traccia agrumata di cedro. Al palato è piacere puro, raffinato, sottile, setoso e di grande stoffa, con una fresca verve sapida, che si chiude con un ricordo di gelatina di agrumi, in un circolare ritorno alla freschezza iniziale. Vino elegante ed aristocratico, premiato con le 4 Viti nell’ultima edizione della Guida AIS.
La vendemmia 2015è ungioiello di estrema luminosità nel calice;siamo nella Magna Grecia ed il vino riluce di un affascinante scintillio di ori da antica gioielleria greca. Al naso è veemente, impetuoso nella carica aromatica; effonde profumi di fiori appassiti (mimosa, tiglio), frutta esotica (mango, ananas matura), pesca sciroppata, cedro candito, tè e tabacco biondo. Attacco al palato potente, concentrato, opulento, con una densa cornice fresca che contiene la persistente irruenza del frutto; la chiusura quasi ammandorlata equilibra un rivolo di sapidità con la carica glicerica, spingendo a riempire di nuovo il bicchiere e regalando una piacevolezza che lo rendono ideale anche in abbinamento a formaggi, bottarga e carne bianca: quasi un Borgogna!
7) Di uno scintillante dorato la versione 2013 ha un caldo timbro cromatico, abbagliante nella sua meravigliosa luminosità e di grande densità nel calice. L’approccio olfattivo è sottile, con un ingresso leggermente fumé, seguito da note di fiori appassiti, mela cotogna, tè e mandorla. Al sorso dona una sfericità dalla setosa avvolgenza, rinfrescata da un’intrigante acidità data dal substrato agrumato (limone, cedro, pompelmo); splendido è il finale rincorrersi di dolcezza e sapidità, in un perfetto equilibrio che lascia in bocca una piacevole freschezza. Vino slanciato che regge il trascorrere del tempo, in un’annata climaticamente difficile!
8) Il millesimo 2011sembra svelare il segreto dell’immortalità, con un dorato ancora ricco di scintillanti sfumature, nonostante gli anni trascorsi dalla vendemmia; colpisce per le sfumature di fiori secchi, le note eteree e balsamiche, il vegetale evoluto, frutta matura, con afflati quasi di nocciola tostata: sussurra memorie di glicine in sottofondo. La bocca è carnosa, rotonda, bilanciata da una freschezza e da una sapidità ancora da urlo, con una tensione ed una persistenza infinite; il sorso è spesso, appagante, con ritorni balsamici di liquirizia ed un leggero soffio fumé; la chiusa finale regala multicolori risonanze agrumate: quasi un vino da meditazione!
La degustazione è proseguita con il“Terre di Federico”, Murgia Bianco IGP 2018, verdeca in purezza vendemmiata nella prima settimana di ottobre, il cui mosto è soltanto parzialmente fermentato. Vestito di uno splendido color paglierino che si tinge di riflessi dorati, presenta un leggero perlage ed un ventaglio olfattivo di grande suggestione, con eleganti note muschiate e sbuffi di fiori bianchi e di glicine che fanno da contrappunto ad una intrinseca dolcezza di toni.
In bocca è scorrevole, di assoluta piacevolezza, bilanciato, con un pizzico di fresca sapidità che lo rende accattivante e ne equilibra la dolce amabilità: è un vino da scoprire nelle prossime feste natalizie, al posto dei più convenzionali spumanti dolci!
L’ultimo vino in degustazioneè stato il “Gravisano Anniversario”, Murgia Bianco IGP 2018. Frutto dell’appassimento sui graticci, per 40/60 giorni, di grappoli maturi di Malvasia lunga, si fregia di una fermentazione in barriques di allier per 30 giorni e di un affinamento per 2 anni nelle stesse barriques e per 1 anno in vasche di acciaio inox: il risultato è un nettare dalle intense tonalità ambrate, con luccicanti riverberi dorati. L’ingresso in bocca racconta il sole: intrigante ouverture di frutta secca (fichi, albicocca, datteri), su invitanti ed eleganti profumi di mela cotogna, vincotto e miele di zagara. L’impatto gustativo è denso, carnoso, vellutato, di possente concentrazione, con rivoli di piacevole freschezza: chiude con un blasonato e lungo finale quasi amarognolo, su deliziosi rimandi agrumati: degna espressione di quei vini “dolci, non dolci”amati da Luigi Veronelli.
I vini degustati ci hanno posseduto come una taranta, ma l’assaggio del piatto abbinato, frutto della maestria dello chef Luciano Campanella, è stato un’ulteriore conferma che, come sempre, il meglio del nostro Paese lo troviamo nel vino, ma anche nel cibo: il gusto dei commensali è stato rapito da un tripudio di pugliese eleganza, in un raffinato matrimonio fra le tradizionali orecchiette con cime di rapa ed una salsa metafisica a base di scampi, pomodorini e perle di salsiccia.
Senza uscire dal pentagramma della sobrietà, posso dire di essere stato splendidamente ostaggio del “buon mangiare”e del “buon bere”: gli dei sono stati a tavola con me, ciascuno annidato nei piatti o nei calici di vino.
Al termine di questa splendida serata non posso che affidarmi alle parole del grande Orazio: “Lusisti satis, edisti satis atque bibisti: tempus abire tibi est”. Ti sei divertito, hai mangiato e bevuto a sufficienza: per te è arrivato di il tempo di andare.
Avv. Giuseppe Bianco – Sommelier
Addetto Stampa AIS Murgia